LERETICA
FRITTELLA
Nell'anno del Signore
1361 il frate Antonio da San Miniato, minorita, professore di Teologia
ed inquisitore in Toscana contro l'eretica pravit, compare nella
Diocesi di Siena a presiedere un processo contro il presbitero Paolo del
quondam Andrea de Corsica, cappellano della chiesa di Sassetta
nel territorio pisano [1].
Le accuse contro il presbitero che frate Antonio deve giudicare sono le
seguenti: da diciotto anni circa il detto presbitero Paolo in pi e
diverse parti e soprattutto in Corsica ed in altre terre della provincia
toscana invoca e adora diavoli da cui riceve rivelazioni sul futuro,
promuove e facilita l'amore fra fornicatori e fornicatrici e compie
altre simili, nefande operazioni. Non solo, ma da diciotto anni circa
compie molte e diverse malie onde possedere le donne della sua
parrocchia col metodo del pepe e del sale, cio "ponendo dictum
piper et sale in ignem (nel fuoco) et dicendo: Cos arda il cuore di
Monna cotale come fa questo pepe e questo sale nel mio amore, e facendo
inoltre altre malie e fatture per procacciarsi l'amore delle femmine
scrivendo il nome di alcuni diavoli su foglie di pervinca o di lauro,
come Belzeb, Babul e Baldasar, e facendo con esse foglie frittelle da
dar da mangiare alle donne da concupire" [2].
Le accuse sono molte altre ancora, ma sempre da imputare alla diabolica
libidine di questo prete.
Reo confesso, il presbitero Paolo viene condannato a pubblica abiura, a
portare la veste del penitente, oltrech ad essere privato dei
privilegi ecclesiastici e allontanato dalla celebrazione della Messa.
Inoltre viene condannato ad un periodo di carcere per espiazione delle
colpe temporali. Correva il giorno nove del mese di maggio del 1361,
presenti ser Giovanni Donati, Frate Martino e Frate Pietro di Francesco,
testimoni.
Questo episodio, se da una parte
pu essere curioso, non certamente l'unico esempio dove un
appartenente al clero viene giudicato e condannato per pratiche
negromantiche: molti ecclesiastici sottoccupati, specialmente preti
cappellani, erano noti per aver avuto tempo a disposizione ed averlo
impiegato per cacciarsi nei guai [3]. Quello che qui vorrei brevemente
far notare l'uso, fra le altre pratiche, di tecniche magiche
alimentari, che non consistono in elaborazioni di filtri o sostanze
particolari, ma semplicemente di cibi quotidiani
"affatturati". Mi riferisco alla somministrazione di frittelle
magiche per un vero e proprio maleficio d'amore.
Che si tratti di cibo abbastanza comune, cio che le frittelle di lauro
fossero presenti nell'alimentazione medievale ci viene attestato da una
ricetta (seppure di ottant'anni pi tarda rispetto ai fatti narrati),
di Maestro Martino da Como [4]. Meno comuni sembrerebbero essere le
frittelle ottenute dalle foglie della pervinca, pianta di cui non si
attestano importanti utilizzazioni alimentari o terapeutiche. Certamente
la pasta dolce della frittella serviva a rendere gradevole la foglia
della pervinca, a mascherarne il sapore amarognolo... e a mascherare la
sua vera natura: quella di talismano.
Perch infatti usare il lauro e la pervinca, e non, per esempio, la
salvia o l'ozimo, cio il basilico? Hanno tutt'e due foglie abbastanza
larghe da poterci scrivere i nomi diabolici, e senz'altro hanno un
sapore pi grato, pi allettante cio per le (golose) signore da
concupire. Noi non conosciamo esattamente i termini e la provenienza di
questa pratica adoperata dal prete Paolo, ma senza dubbio si tratta di
un'atto che riassume in s pratiche di magia astrologica e di
esorcismo: il lauro e la pervinca infatti sembrano astrologicamente
legati al Sole. Il lauro sempre stato correlato al Sole sino
dall'antichit, mentre la pervinca, dal fiore di cinque petali,
potrebbe essere l'erba paristella annoverata fra le erbe del Sole
dell'erbario astrologico di Tolomeo [5]. Riguardo ai nomi che Paolo
scriveva sulle foglie e ai demoni scongiurati poi, il rimando pi ovvio
quello ai trattati sulla costruzione dei talismani: citando un
esempio per tutti, traggo dallo Zodiologion di Kancaf l'Indiano
nella trascrizione a cura di Alfonso X "El Sabio" la
fabbricazione per un talismano d'amore:
"(...) Quando la luna sar
in questa mansione ascendendo di notte, farai una lamina d'oro e vi
inciderai l'immagine di un uomo seduto e di una fanciulla in piedi che
gli prende la mano per baciarlo e il nome del signore della mansione e i
nomi del ragazzo e della ragazza. La suffumigherai col suo suffumigio e
chiederai al signore, invocandone il nome, che faccia innamorare
dell'uomo che vorrai, e cos sar, se l'uomo porter con s la
lamina. Il nome Ahtayf; per il suffumigio occorre un frammento della
stoffa che la donna indossi a contatto con la pelle" [6].
Il nome del signore della mansione
lunare a cui Kancaf si riferisce ovviamente un dmone planetario. In
altri trattati magici, come il Ms. CLM 849 della Bibl. Statale Bavarese
[7], gli spiriti a cui i negromanti si rivolgevano erano, pi
esplicitamente, Satana, Belzeb, Lucifero e Berich, proprio quelli cio
che evoca Paolo nelle sue magie.
Fin qui la trasformazione delle
foglie in talismani. Quello che singolare in questa storia la
trasformazione del talismano in cibo: in un cerimoniale apparentemente
rigido come quello usato per la fabbricazione di un talismano, che parte
operativa avrebbe avuto la "cucina quotidiana"? E' ovvio che
la preparazione di una frittella un "cerimoniale" a s
stante, che riguarda la cucina e non la magia: ma in che misura il rito
della preparazione del cibo poteva venire correlato con l'atto magico?
Purtroppo i documenti sono ancora piuttosto avari di notizie, per cui la
domanda giace ancora irrisolta.
Ma una considerazione pu comunque essere fatta: esiste un saldo legame
tra cucina e medicina nel medioevo, in un periodo in cui cio l'arte
medica veniva esercitata non solo da medici "addottorati" ma,
specie in ambienti rurali, da vetulae, mulieres, simplici,
empirici, cio da praticanti che usavano sistemi considerati gi
allora irrazionali e superstiziosi [8]. Ed il termine superstizioso sta
qui per atto magico. Doveva esistere quindi una pratica corrente di
"magia naturale" curativa che bene o male era legata al cibo
ed alla sua preparazione: pratica che uomini come il prete Paolo
pervertivano diabolicamente.
Fabio
Cavalli
NOTE
1 Archivio di Stato di Siena,
Uffici Ecclesiastici, 354. Pubbl. da P. Piccolomini, Documenti senesi
sull'Inquisizione, in Bull. Senese di Storia Patria, vol. XV, 1908,
pp. 232-235. Sassetta, piccolo comune rurale della Val di Cornia ora in
provincia di Livorno, era all'epoca un castello con chiesa plebana
dedicata a S. Andrea Avellino.
2 'Item, in eo et super eo quod a
xviij annis circa existens dictus presbite Paulus in pluribus terris
dicte provincie Tuscie et Corsice, et maxime in terris Campiglie,
iurisdictionis Senarum, fecit multas varias et diversas malias ad
habendum mulieres cum pipere et sale, videlicet ponendo dictum piper et
salem in ignem et dicendo: 'Cos arda il cuore di Madonna cotale come
fa questo pepe et questo sale nel mio amore', et faciendo etiam alias
malias et facturias ad habendum pro se et aliis mulieres, videlicet
scribendo multa nomina demonum super foleis pervenche et lauri, et ipsa
folea incantando cum nominibus demonum, videlicet in hac Balabut,
Babul et Baldasar, et faciendo de dictis erbis frictellas, et dando
conmedere dictas fritellas mulieribus quas octabat habere (...)'.
3 Richard Kiechfer, La
negromanzia nell'ambito clericale nel tardo medioevo, in: Poteri
carismatici e informali: chiesa e societ medievali, Palermo 1992,
p. 210 e segg.
4 Maestro Martino, Libro de
Arte Coquinaria, ed. da E. Faccioli, Arte della Cucina,
Milano 1966, p. 177:
"Frictelle con fronde de
lauro. Frigi de le foglie de lo lauro in qualche bon grasso o lardo. Poi
cavale fora et lassale sciuccare; et con simile compositione como se
disse de la salvia farai queste frittelle". Le frittelle di salvia
a cui rimanda si ottengono involgendo le foglie in una pastella di fior
di farina, uova e zucchero, assieme a un poca di cannella e zafferano e
friggendole in strutto o "bono olio".
5 "La prima erba del sole che
si chiama paristella si forma in questo modo. Sempre essa cresce in
luoghi incolti e sodivi. Ha fronde alla maniera della borragine ed esse
non si elevano da terra ma giacciono sulla terra ed ha un fiore bianco
(...). Cfr. Adalberto Pazzini, Virt delle erbe secondo i sette
pianeti, Roma 1959.
6 Alfonso X "El Sabio", Astromagia,
a cura di A. d'Agostino, Napoli 1992.
7 Richard Kiechfer, La
negromanzia nell'ambito clericale ..., cit.
8 Jole Agrimi, Chiara Crisciani,
Immagini e ruoli della vetula tra sapere medico e antropologia
religiosa (secoli XIII-XV), in: Poteri carismatici e informali...
cit. p. 224 e segg.
@
L'Unicorno, Accademia Jaufr Rudel di studi medievali, 1993